IL DIVERTIMENTO DEI NUMI di Giovanni Paisiello (Revisione: Franco Piva)

GIOVANNI PAISIELLO
IL DIVERTIMENTO DEI NUMI

IDEA DELL’AZIONE
Giove, per sollevarsi un momento dalle pesanti cure dell’Universo, e per divertire i Numi, rapisce dal Mondo, e trasporta ne’ Campi Elisi tre mortali, una donna, e due uomini, ed aspergendoli delle acque di Lete, fa questi di loro stessi dimenticare; e trasformandogli in tre Numi, alla donna, che ha nome Annella, dà gli abiti di Venere: al primo di quegli, chiamato Ciccotonno, dà il proprio vestir di Giove: ed al secondo, nominato D. Taddeo, dà le vesti di Marte, e fa che questi realmente si credano tra loro quelle Deità, di cui non hanno in fatti, che la sola maschera.
Questi, a somiglianza della gatta di Esopo trasmutata in bella donna, dimostrando, che se ben talora si cangia figura, non si cangia natura, formano negli Elisi il breve, e semplice intreccio di una ridicola, ma temeraria rivalità, colla quale fanno ben comprendere, che in loro si camgiò solamente l’aspetto, ma non la viltà nel costume.
Contento Giove del piacer preso, e del breve divertimento dato a’ Numi colle scempiaggini di costoro, così della bella Venere, che dal vero Marte corteggiato, gli si fa nel suo real trono improvvisamente vedere: gli restituisce alla prima loro figura, e gli destina a vagare per le arsicce arene di Acheronte; ma vinto ultimamente dfalle preghiere di questi, e più dalla sua propria inesausta pietà, per grazia, ne’ Campi Elisi gli trattiene. Dal che si può presumere, che voglia Giove in sì fatta guisa sollevarsi altre volte, e divertire da tempo in tempo anche i Numi, per rendergli, dopo qualche riposo, valevoli maggiormente al Ministero loro.

UNO SCHERZO SERIOSO, di Franco Piva
Giovanni Paisiello è uno di quegli autori importanti che tutti di nome conoscono benissimo ma che pochi hanno avuto la possibilità di avvicinare.
Della sua ricchissima produzione teatrale (una cinquantina di Opere giocose e una trentina di Opere serie) si conosce, si fa per dire, soltanto una piccola parte; per non parlare della musica sacra e di quella strumentale, quest’ultima in alcuni casi bistrattata a livello di revisione e/o di interpretazione.
Stando ai riferimenti cronologici riportati nei dizionari, la sua produzione va dal 1764 al 1808
(‘Il Divertimento dei Numi’ è del 1774): quasi mezzo secolo. Un periodo, questo, densissimo di avvenimenti, musicali e non, di grandissima importanza.
Ne ‘Il Divertimento dei Numi’, in poco più di un’ora di musica, si passa attraverso molte punte espressive diverse: dalla leziosità ironica dell’Aria di Marte “Piccioncino innamorato” alla densa e tesa concitazione di alcuni interventi del doppio coro; dall’intensa contabilità delle Arie di Venere all’eleganza giocosa del Terzetto finale.
L’equilibrio esistente fra i diversi aspetti della dimensione sentimentale e di quella ironica nel Dramma giocoso per musica ora si stempera e si articola in una grande varietà di situazioni che abbracciano spazi espressivi più larghi e aspetti particolari che stanno al di fuori dello stile galante e quindi dello stile giocoso.
Il frequente uso del coro (sei numeri, oltre a una ripetizione, sui quindici complessivi) e la presenza di ben tre Recitativi Obbligati, due dei quali di particolare consistenza, attribuiscono a questo ‘Scherzo’ una complessità musicale e drammaturgia di grande rilievo e interesse.
All’interno, poi, di ciascun brano esistono, generalmente, una stimolante varietà di atteggiamenti espressivi, che denota una intensa e appropriata ricerca linguistica, una notevole gamma timbrica (di particolare rilievo la valorizzazione solistica del fagotto e in taluni casi l’autonomia delle viole) e una forte e continua differenziazione dinamica.

La revisione
Ho lavorato direttamente sull’autografo della partitura proveniente dalla Biblioteca del Conservatorio di Napoli.
La grafia è generalmente abbastanza chiara; ho incontrato, tuttavia, alcuni problemi piuttosto delicati.
Il primo riguarda la presenza di un’Aria autografa del tutto estranea al libretto: si doveva riportare questo ‘corpo estraneo’, evidentemente inserito per accontentare un interprete, oppure bisognava ricondurre il lavoro alla struttura originaria rispetto al libretto e lla corrispondente concezione compositiva, liberandolo da quella che oggettivamente risulta una contaminazione (l’Aria proviene chiaramente, anche per l’evidente diversità stilistica, da un’altra Opera: il testo originario, infatti, è spesso tagliato e sostituito dallo stesso Paisiello con parole meno estranee all’argomento del Divertimento dei Numi)?
Ho preferito la seconda soluzione. Mentre, quindi, la partitura di Napoli contiene sedici numeri, la mia revisione ne prevede quindici.
Il secondo problema è nato a seguito della presenza di numerose cancellature: nella maggior parte dei casi gruppi più o meno consistenti di battute sono coperti con pezzi di carta incollati sopra i passi da togliere (il tipo di carta prova che si tratta di un’operazione fatta allora) e in alcuni altri casi ci sono tagli normali sopra le note comunque visibili. Quasi sempre, però, la situazione che precede immediatamente le parti coperte o quelle tagliate non si aggancia perfettamente con quella che le segue: sono stati, quindi, necessari i conseguenti aggiustamenti.
Inoltre: A) nell’Introduzione alcune battute sono state inspiegabilmente tagliate (dico ‘inspiegabilmente’ perché in effetti le battute tagliate risultano indispensabili all’equilibrio del discorso, anche in rapporto all’analoga situazione nella prima parte dell’Ouverture): ho ritenuto opportuno ripristinarle. B) Fra il n. 2 (‘Coro di Geni’) e il n. 3 (Recitativo Obbligato di Giove) mancano nell’autografo due facciate, una con la conclusione della ripresa del Coro, l’altra con l’inizio del Recitativo secco seguente: la conclusione del Coro, trattandosi di una ripresa, non presentava problemi; è stato, invece, necessario riscrivere la parte mancante del Recitativo, poiché, essendo questo all’inizio dell’azione, la sua omissione poteva compromettere la chiarezza della narrazione. C) Nel Recitativo secco tra il n. 7 (‘Coro delle Furie’) e il n. 8 (Cavatina di Venere) c’è nell’autografo un testo dialettale, difficilmente decifrabile, diverso da quello del libretto. D) La ripresa conclusiva del ‘Coro dei Geni ‘(n. 13) è nell’autografo soltanto parziale, con contrazioni che deformano in parte l’equilibrio originario: ho preferito la ripresa integrale.

Franco Piva

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