INTRODUZIONE A ‘IL TEATRO ALLA MODA’ di Benedetto Marcello

ISOLA POLVESE, STAGIONE ESTIVA 2010

Isola Polvese

Domenica 5 settembre 2010

ore 21.00

 
 

Stagione estiva

2010INTERMUSICA

INTERMUSICA – LABORATORIO DELLE ARTI

FRANCO PIVA

ALTR’INTERMEZZI

INTRODUZIONE

a

‘Il Teatro alla moda’ di Benedetto Marcello

(Venezia, 1720)

Coproduzione con l’Associazione MINIMITEATRI (Rovigo)

ATTORI

Letizia E. M. Piva, Paolo Rossi

TESTI POETICI

Carlo Goldoni, Simone Fagioli

MUSICHE

Franco Piva

eseguite dall’Intermusica Ensemble (CD)

DRAMMATURGIA e REGIA

Gabbris Ferrari

 

ALTR’INTERMEZZI

INTRODUZIONE A ‘IL TEATRO ALLA MODA’ DI BENEDETTO MARCELLO

 

(NB: un attore e un’attrice, eventualmente anche scambiandosi le parti, possono interpretare, mutatis mutandis, i diversi personaggi; oppure più attori possono impersonare le diverse situazioni)

 

 La scena è vuota. Ad un certo punto due attori si alzano da due sedie tra il pubblico e vanno a sedersi sugli sgabelli dove ci sono due piccoli libri che loro iniziano a leggere. Poi i due attori si alzano e portano in posizione i due sgabelli; poggiano i libri a terra e si siedono.

Quando la musica termina:

Attore -            Settecento!

Attrice-         No, no!…non è musica del “700, è roba moderna….Si tratta di una interpretazione, una ispirazione, una indagine colta,… roba importante.       

Tu?… Tu potresti fare il poeta! …si, “il poeta alla moda”, quello che nel “700, ai tempi di Benedetto Marcello, scriveva anche i libretti d’opera e che secondo Benedetto Marcello, il più delle volte, si trattava di un povero diavolo, una specie di letterato fallito e incolto  che per sbarcare il lunario o per vanità personale  ubbidiva agli ordini dell’impresario e  cercava di compiacerlo come poteva.

 L’attore si avvicina al leggio dell’attrice

 Attrice -          Io chiedo a vossia,

                        poeta illustre,

                        di scrivere un libretto

                        in quattro e quattr’otto

                        senza una trama

                        sia quel che sia!

                        Poeta moderno

                        ignora gli antichi

                        non sa scriver di greco

                        non legge in latino:

                        un simil poeta

                        è messer,…messer…

Attore             (all’orecchio dell’Attrice) - Gelsomino…

Attrice -          Gelsomino!

 (la musica continua, lei si siede sullo sgabello vicino al suo leggio e si mette la maschera)

 Attore -          Son matematico!

                       genio in pittura

                       psicopatico,

                       uno speziale

                       che odia a morte

                       la letteratura!…

                       Non so rimare,

                       non so accentare,

                       non so narrare

                       e nemmeno cantare.…

                       Poeta di scienza,

                        esperto in diritto

                        e in medicina…

                        lungi da me la scienza dell’arte,

                        i versi, le strofe/ e anche la rima.

                        Dante,  Petrarca,/ Ariosto e Boccaccio,

                        ditemi in coro:

                        chi sono costoro?

                        Son musici?

Attrice -          NO

Attore -          maghi?

Attrice -          NO

Attore -          oppur Arlecchini?

Attrice -          NO     

Attore –           prelati?           

Attrice –          NO!               

Attore –           Cantastorie o ballerini?

Attrice –          NO, NO, NO!

Attore -          O sono forse antichi e odiosi,

                         comunque poeti,

                         che per loro versi

                         o qualche rima

                         son saliti in gloria

                         nell’alto dei cieli:…

                         Moderno poeta

                         quale io sono

                         rubo quà e là

                         senza ritegno,

                         senza esitare

                         chiamando il furto

                         “imitazione”.

 

Attrice -          AH…

 L’attore si siede sull’altro sgabello e mette la maschera. Il regista arriva sulla scena da una sedia fra il pubblico

 Regista – Dedichiamo questo studio, fra spettacolo e poesia, ad un musicista , un compositore di spirito, vissuto nei primi decenni del “700, Benedetto Marcello che con arguzia e…,occorre ammetterlo, anche con un po’ di astio, fu molto critico verso certe forme di teatro, che affermavano una idea di spettacolo in musica affrettata e superficiale.  Benedetto Marcello fu compositore veneziano, raffinato e colto. Ma ciò che a noi interessa questa sera è   proporvi la sua ironia e l’ attitudine a cogliere gli aspetti più curiosi della sua epoca musicale e verso quel  “ teatro alla moda”  che egli detestava al punto tale da scrivere sull’argomento un delizioso libretto.

Ed è  appunto quel  “ teatro alla moda” del primo “700. al quale ci siamo ispirati.

 (Il regista torna a sedersi. Qui si inserisce una immagine: Il particolare del Tiepolo del cicisbeo che accompagna la dama…riprende la musica e i due attori cominciano una breve conversazione. Imitando vagamente l’immagine proiettata)

 Attrice -          Signore, vi prego non mi guardate così,…Avete un tal modo di penetrarmi con gli occhi che mi sento tutta soggiogata… e potrei, all’occorrenza, abbandonarmi (di corsa i due vanno ai leggii) al deliquio.

 Attore -          Signora… lungi da me la volontà di turbare il vostro animo, né eccitare il vostro corpo, del resto così ben protetto da una tonnellata abbondante di fine tessuto di Fiandra. Ma… il dispettoso Amore è un dio imprevedibile, e maligno, come ben sapeva la divina Afrodite della quale voi siete senza alcun dubbio sublime reincarnazione. …Amore mi soggioga,…mi esausta,…mi esaustisce…e sempre mi tormentisce.

 Attrice -          Caro il mio inarrivabile e audace poeta… moderno! Io mi abbandono facilmente alla finzione e a voi non vi considero manco di striscio, non avete i natali, non avete lo stato, …non siete nelle condizioni,…Mi capite? Come vedete rimango fredda e, come si diceva ai tempi vostri,  algida, distaccata, altera nel mio femminile orgoglio.

 Attore -          Quale audacevole e mirabolante impresa dovrebbe compiere questo schiavo vostro, poeta sofferente, per toccarvi l’anima?

 Attrice -          Non saprei, vorrei vedervi combattere nell’arena contro un gladiatore etiope incazzato,… oppure mi basterebbe che voi mi portaste la pelle di una tigre in modo che io possa farmi un costumino da amazzone e sfilar nea piazza de S. Marco co ghe xe el carnevale, gaveo capio? O se queste mie piccole richieste, anche se così modeste, vi sembrano fuori dalla vostra portata, Voi che siete un poeta scrivete semplicemente il testo di una nuova opera ispirandovi a moi, alle mie doti e alla mia avvenenza. In questo modo faremmo una cosuccia insieme…, uno spettacolo… moderno. Io sarei la vostra musa, canterei la vostra opera con sublime incompetenza e daremmo così ragione a quel bacchettone di Benedetto Marcello che va spargendo veleni su di me per tutta Venezia.

 L’attrice va lentamente alla sinistra dell’attore e prende l’abito a terra

Attore -          Ed è così!  il divino Marcello sparge veleno, se la prende con tutti e non risparmia nessuno. Con il  teatro senza regole e i suoi protagonisti… E denuncia, con puntigliosa dovizia di particolari i vizi più comuni, le contraddizioni più eccentriche, i compromessi,  l’isteria diffusa e ogni personaggio coinvolto porta con sè uno stuolo di parassiti, di  madri invadenti e apprensive , di volgari protettori,  di parenti famelici e di estimatori prezzolati. A sentire Marcello tutto il carrozzone del teatro che lo circonda soffre di una grave decadenza.  

E’ la virtuosa, la primadonna, a  godere le attenzioni di Marcello e insieme le frecce più velenose. Pensate che…

 Attrice -          Signore…Sì, dico a voi…proprio a voi.

 Regista -        (alzandosi dalla sedia in mezzo al pubblico e venendo vicino all’attrice) Vi prego, signora, non facciamo piazzate; c’è il pubblico…! Sapete quanto il mio cuore sanguini per voi e quanto io apprezzi il vostro talento, ma in questo momento non è il caso di aggredire con le vostre sgarberie questo povero impresario che in tutto vi favorisce.

 Attrice -          Voi chiudete il becco, non vi ho dato alcun permesso di parlare, il fatto che io accetti la vostra protezione non vi dà il diritto di interrompermi quando parlo. Allora, signore…; voi davvero pensate che io possa cantare in quest’Opera con questi quattro stracci addosso…? No, ditemelo sinceramente, perché se pensate questo, io posso anche ritirarmi da questo infame spettacolo, da questa nuova Opera senza capo né coda e   lasciare il posto a qualcuna delle vostre puttanelle o dei vostri castrati. …Adamira…! Ma che titolo è Adamira? In ogni caso avrà pure indosso un vestito decoroso!  Ebbene questo non lo è! Lo vedete da voi. Io, avvezza ai velluti francesi, ai pizzi olandesi, alle sete di Samarcanda, pensate che mi possa adeguare a questi straccetti raccattati chissà dove?

Io, con questi stracci addosso, non canterò mai nella vostra stupida Opera. Già la trama è insulsa e la musica poi del tutto piatta e priva di fantasia, di abbellimenti, di…di cose adatte a me,  cose scritte per le mie qualità naturali. Ha ragione il maestro Benedetto Marcello a criticarvi per la vostra stupidità.

Voi siete l’impresario e spetta a voi rimediare…Siamo nel 1720, che diamine, non nel medioevo!

E poi si vede che voi non siete veneziano: sembrate un campagnolo, tutt’al più un bolognese, così rozzo e sprovveduto e….,diciamolo pure…,un po’ miserabile.

O dio! Come odio i campagnoli…!Gelsomino, vi prego, andiamocene, potrei avere un mancamento,… lo sento arrivare. (sullo schermo appare la donna svenuta di Pietro Longhi. Gelsomino, sollecito, l’aiuta a sedersi) …Adamira…!Gelsomino, ci pensate? Adamira….!Potrei morirne.

Attore -          Mia adorata, sono sprovvisto di Sali.

Attrice -.         Gelsomino…(con voce sofferente)

Attore -          Dimmi luce dei miei occhi…

Attrice -          Sei il solito, insopportabile cretino.

 (Lui la conduce in disparte mentre lei gli parlotta all’orecchio)

 Attore -          Lustrissimo, la signora voria saver in merito de quel so cugin che la ve ga caldamente raccomandà…par el posto de secondo tenor in questa nova opera che se drio metare in pìe, una troiada,… la dise la signora. El toso invece l’è un otimo elemento…. El canta attualmente nel coro grando dea parocchia de S. Samuele. La dise la signora che’l fio  el podaria interpretar assai ben la parte del “giovane pirata”. La signora la dise che Nicoleto, cussì el se ciama el toso, el canta meio de un castrà… e la dise a sto proposito che saria ora de finirla de far cantare sti schersi de la natura.

Par via de so cugin la signora gradiria una risposta positiva con na serta  urgensa. Son certo signor che non vorè deluderla e che non vorè tradire el vostro impegno dopo aver ricevù  la ricompensa in anticipo. Vu savè de cossa  se parla:  Questo dise la signora…vu  m’intendè…A sto proposito me permeto de ricordarve, caro el me impresario, che sta nova impresa, disemo cussì… teatrale, la pago mi e vu in un certo senso se un me dipendente e de conseguensa, la signora… ,che purtroppo  la se la parona del me cuore, la risulta essere anca la vostra padrona e quando la ve domanda qualcosa…ve convien obedir. Ve son servo signor…ve son sciavo…Disemo pur che ve son servo e anche sciavo .. e resto in sofferensa per la scarsità dei vostri comandi.

 L’attrice si alza e va verso il suo leggio; l’attore le fa un inchino

 Attore -          Questi erano i tempi, i teatri, le virtuose… gli impresari  e i protettori, i cavalieri serventi, i cicisbei insetati e incipriati, …l’impalcatura del teatro… dentro e fuori.

 Attrice -          All’infanzia di quel secolo delle bianche parrucche…qualche tempo prima dei lumi,…

 Attore -          A quel nascente teatro globale, a Venezia,… palcoscenico del mondo…. Questo è l’indirizzo storico al quale vogliamo destinare la nostra umile dedica.

 Attrice -          Ma in particolare a quel piccolo ma prezioso libro di  Benedetto Marcello. Volendo rimanere nello stretto rigore della sintesi, sarà la  stessa voce, del dolce…ma stizzoso…autore… a leggere  la breve dedica:

 Attore -          Ai miei contemporanei.

Signori, amici e parenti…, detrattori,… estimatori…vivi e vegeti negli inquiéti, licenziosi anni venti di questo diciottésimo secolo, io Benedetto Marcello  consegno al mondo  la presente, velenosa bagatella letteraria come risultato delle mie personali osservazioni e dirette esperienze… ma soprattutto frutto del mio insopprimibile disgusto per tutto ciò che nell’universo divino della musica viéne trattato con leziosità, superficialità e improvvisazione.

Di questo mio onesto e umile lavoro fatene ciò che volete… E se vi sarà qualche buon amico a condividere le mie proteste e i miei consigli e nel contempo si’ coraggioso da sfidare la corrente e  portare il mio scritto sulla scena in forma di teatro, gli sarò  grato in perpetuo….ma io  “So, purtroppo, che molti, cui la correzione delle malfatte cose non piace, diranno che questo mio lavoro è inutile e vano, chiamandomi sprezzatore della moderna virtù.”

 Attrice -          E la dedica si estende, per filo e per segno, senza omettere nessuno,… e noi, rispettando la brevità che abbiamo promesso, ci limitiamo a sottolineare il passo che più ci interessa e cioè: tutti colpevoli.

Attore -          Ed eccola la compagnia dei colpevoli fedelmente registrati nel libretto di Benedetto. In ordine e senza omissioni, in fila,…  come davanti alla barca di Caronte:

 Attrice -          I musici, le cantatrici, gli impresari, i macchinisti, i pittori di scena, gli architetti scenografi, i ballerini, i sarti, i paggi, i compositori, i copisti, gli avvocati del teatro, i protettori del teatro, gli amministratori, i protettori delle virtuose, i protettori dei castrati, i castrati, le madri delle virtuose,… E naturalmente, incipriato, ruolo arciessenziale, preminente, arcincombente, arciopprimente e talvolta, aimè arcindecente…ma oltremodo divertente, il sublime maestro di buone maniere…di savoir faire…per dirlo in una lingua arciamata dalla gente colta di questo secolo a Venezia. Un personaggio obbligatoriamente verboso e fanfarone che per dare buon giorno a qualcuno ci impiega una buona mezz’ora. Cresciuto alla scuola di Arcifanfano, signore e signori, ecco il maestro:  

 Attore -          Servo madama

Attrice -          Serva signore

Attore -          Scusi di grazia

                       Sono favori

                       Chiedo perdono

                       Servo gli sono

                       Troppo obbligante

                       Troppo gentile

                       Sempre civile

                       Vostra bontà

                       Molto cortese

                       Molto compita

                       Troppa bontà

                       Quest’è una grazia

Attrice -          Quest’è un favore

Attore -          E’ una finezza

                        Che a me si fa.

 Attrice -          Tutta questa graffiante arcinfanfaneria  è di Carlo Goldoni quando anch’egli, anni dopo,  si divertiva assaissimo a frustare il tempo suo come aveva fatto prima di lui, forse con altre intenzioni e diversi motivi, il nostro Benedetto Marcello.

Attore -          Dopo tutto quanto si è detto finora non possiamo esimerci da qualche esempio concreto.

                          Finalmente siamo arrivati al debutto di Adamira…

Attrice -          Adamira…

Attore -          Un’Opera destinata a rimanere nella storia del teatro del”700 …

Attrice -          (al telefono) Si, Si…il debutto,…si!… quella nuova Opera moderna di cui poc’anzi parlavo con il mio  impresario…Opera seria?…ma certo serissima, pensa che dura 5 ore,..

un dramma sentimentale…certo che no!… Io non muoio nel finale,..Sai che rifiuto tutti i libretti dove la protagonista muore,…Fa brutto,… il pubblico ci crede e ci soffre, non è bene far soffrire il pubblico, io vengo salvata da un conte…

e il pirata dici? ..Quello muore,… peccato però, bell’uomo,.. . ..

Il piccolo screzio con l’impresario?…Ma certo…tutto superato…è qui con me…

I costumi? … bellissimi!… costano una fortuna…Li ha pagati lui… Povero cocco,  cosa non farebbe per me?…

Mio cugino?…Si!… Canta nell’Opera anche lui poverino….

Ora però devo andare,..Sai le ultime prove. Mi aspettano  ! Ah, il telefono…

 Attore -          Tratto dall’Opera “Adamira rapita dai pirati” Prigioniera in un isola infestata, oltre che dai pirati, da belve feròci e da selvaggi ostili.

 Adamira, nel buio profondo della caverna piange per  il   crudele stato  che il destino le riserva, e canta in modo sublime questi versi sublimi e commoventi:

 Attrice -          Crudo fato, avversa sorte

                        dammi pace, o dammi morte,

                        che inumano è il tuo rigor. 

 Attore -          L’aria è ricca di gioielli poetici e musicali. Ma val la pena procedere con un bréve riassunto.

 Attrice -          E’ notte; sulle onde del mare naviga una piccola barca solitaria e dentro la barca un uomo stremato.  Lo tiene in  vita solo il pensiero della sua amata Adamira nelle mani dei pirati…Sarà venduta come schiava ed egli la perderà per sempre….Nella immensa notte marina un gruppo di gabbiani (l’attrice mima il volo) segue  la barca: forse la terra è vicina…

 Attore -          L’uomo… nel delirio dello sfinimento,… intona alle benigne stelle un canto di grande sentimento:

(L’attrice l’ha raggiunto)

                        Stelle ingrate ai cuori amanti  (2 strilli di gabbiano; L torna verso suo leggio)

                        quando fine avranno i pianti? (1strillo di gabbiano)

                        Quando pace avrà il mio cor?

Attrice -          Spiace davvero, anche nel suo caso, non poterlo ascoltare in tutta la profondità della sua invocazione.  uando pace avrà il mio cor/

 Attore -          Il triste canto del conte Ildebrando Ripoli, questo il nome dell’eroico navigante,   non si perde inascoltato nella vastità della notte: lo raccoglie il gruppo dei gabbiani (battito d’ali) che allineati sulla prua dell’agile barca  rivolgono a colui che affronta le insidie del mare un  coretto che noi, incapaci di apprezzare quei versi per il loro valore, abbiamo preferito darne una più banale versione prosaica: 

 Attrice -          Oh natura benigna,… signora dell’acquatico mondo di cui siamo i veloci trasvolatori…nella tua infinità prodigalità,  dona a questo nobile principe la forza di una mandria di alati draghi marini e a questa barca un buon vento e mare tranquillo.

 Attore -          E chi ti arriva in quel momento?…(L’attrice va al centro e indossa la maschera) Come accadde per Ettore di Troia in qualche difficoltà, la dea Aténa si materializza all’improvviso, salta sulla barca e parla all’eroe e conclude il suo dire con un’aria forte e tenera, ma vagamente sibillina. Diamone qualche perla:

 Attrice -          Son grandi gli uomini che lottan per l’amore

                            resta saldo umano e nei flutti non cadere

                            e presto l’amor tuo potrai trovare. 

 

(leva la maschera e torna al leggio) 

 Attore -           Si leva dal coretto dei gabbiani un a solo celebrativo che chiude in modo sublime l’episodio onirico…, come gia avrete compreso

Il Conte Ripoli di Acquapendente non conosce la paura, né il calice amaro del disonore…;indomito solca queste procellose acque…:lo protegge la sua invitta spada, durlindana fedele nelle mani sue come lo fu del nobile Orlando.

 Attrice -          Adamira aspetta in lacrime e l’Opera si impenna con questo appassionato canto di Adamira incatenata, mentre un gorilla con occhi feroci la osserva minaccioso, immobile all’ingresso di un’oscura caverna dove ella è prigioniera, in attesa di essere venduta come schiava..

 Attore -          Ella intona un’aria sconsolata, rivolta al suo amore lontano, nella speranza che egli venga a salvarla. Anzi, le sembra di udirne la voce…Ma è il mare ad ingannarla.

 Attrice -          Nell’oscurità terribile

                            di una caverna orribile

                            mi par la voce vostra  udir.

                            E’ forse il delirio mio

                            ad ingannar affranta creatura?

                            Forse ad ingannar l’orecchio

                            è la paura. Oppure è il mar

                            a far di me crudele scherno.

                           Vi aspetto amor mio e resto muta,  

                           venite presto o son perduta.

 Attore -          Nell’oscurità della notte Adamira rimane in doloroso silenzio. L’Opera va verso il suo epilogo.

 Attrice -          Sulla spiaggia solitaria arriva il cavaliere di Acquapendente, armato di tutto punto, chiuso nella sua corazza lucente. Come Orlando nella foresta, pazzo d’amore, corre per tutta l’isola invocando il nome della sua amata:

Attore –           Adamira, Adamira Adamira…

Attrice –  … Ma non ottiene alcuna risposta… Roteando furiosamente la pesante durlindana, novello Orlando, abbatte tutto quello che trova; poi la fatica lo annienta ed egli si ferma stremato sulla spiaggia…Dopo questa rabbia virile, intona con voce dolcissima, una voce da castrato, un’ aria nostalgica…di cui riportiamo qualche orribile verso:

 Attore -          Furie del cieco averno,

                           mostri del nero abisso,

                           orsi, tigri, leoni,

                           della barbarità crudel deposito,

                           Su venite, vuò fare uno sproposito.

 Attrice -          Poco più tardi, finalmente giunto alla caverna, il Cavaliere d’Acquapendente la strage la fa davvero e alla fine, per liberare il suo bene, ammazza sulla scena  un orso e due tigri…; lo scimmione lo fa fuori corpo a corpo dopo una lotta durissima, e dodici uomini, compreso il capo dei pirati… Una furia, viene alla mente il prode Saracca  di goldoniana memoria, o un antenato di.. (mosse di judo) Bruce Ly, se preferite.

 Attore -          Tagliar braccia? Bagatelle!

                           Troncar teste? Non è niente!

                           Con un colpo, ossia fendente,

                           Tagliar busti e coratelle,

                           Sono cose che ridendo

                           le suol fare il mio valor.

                           Chi nol vede non lo crede,

                           Son sì forte che la morte

                           ha di me qualche timor.

 Attrice -          Alla fine dell’Opera, come abbiamo già detto, muore anche il capo dei pirati, non prima però di aver cantato con voce da baritono una sua aria finale con una ricchezza incredibile di abbellimenti, di “da capo” e di tutte le noiose e inutile  finezze alla moda   che indussero  Benedetto Marcello a mettere nero su bianco il suo aperto dissenso e indussero a metà del Settecento il nobile Gluk a procedere con la sua provvidenziale riforma del teatro in musica.

 Attore -          Abbiamo lasciato il capo dei pirati  sulla spiaggia della sua isola e alla fine si  viene anche a sapere  che lui si era perdutamente innamorato di Adamira e che non le avrebbe giammai fatto del male. Riportiamo qui solo i pochi versi che riassumono l’invocazione al destino con la quale Brutus, così si chiama il pirata, chiude l’Opera.

 Attrice -          Crudo fato, avversa sorte!

                            Dammi pace o dammi morte,

                            Ch’è inumano il tuo rigor…

Attore -          E chi è l’autore di questa musica sublime? Ma il compositore, naturalmente!

 Attrice -          “…la musica di quest’Opera è del sempre arciceleberrimo signor Fulgenzio Trombettini, Maestro di cappella, di concerti da camera, di ballo, di scherma e di mosca cieca.

Al quale il nostro poeta moderno si rivolge implorando:

 Attore -          Maestro…Maestro, vi prego umilmente, ascoltatemi,… sono oltremodo confuso, a tutti  concedete la vostra grazia… le vostre attenzioni, tranne che a me che son poeta…che dò corpo e fantasia alla storia, rendo il giusto spessore ai personaggi… Ebbene, signore…,voi non fate che umiliarmi…: con la vostra musica spezzate tutte le mie parole ed esse perdono qualunque significato; allungate i miei versi a dismisura in modo che chi li ascolta,  arrivato  alla fine, ha già dimenticato il principio. Soffocate le mie  parole senza alcuna pietà  e così facendo… le uccidete.          

 Attrice -     Caro, inarrivabile Gelsomino, poeta sublime…,ditemi come sia possibile  spezzare qualcosa che è già rotto (OH!), o far crollare  dei versi  già in rovina (OOH!) …ditemelo di grazia,  carino…. Al contrario, vorrete dire che la mia musica, apprezzata nientemeno che dal barone di Munchausen  e dal Visconte di Bragelonne, arricchisce la vostra poesia e dà all’Opera,… specialmente a questa Opera: “Adamira rapita dai pirati” un valore più alto, imperocchè la circonda di un significato  universale….Ne convenite, carino?

 Attore -          Naturalmente!…Ne convengo, maestro.

 Attrice -          Bene, meglio!

                            Gelsomino, gran poeta,

                           al dunque adesso addiveniamo;

                           compor per me dovrai

                           melodramma senza pari!

                           Alla svelta quattro versi senza trama,

                           da inventare,  una favola vagheggiare:

                           disorientati naufraghi, eccidi, mosche e zanzare,

                           volanti dischi e alberi di pesche fichi.

 Se poi nelle arie dell’Opera avrai la compiacenza di farci entrare parole convenienti e atte ad esaltare la modernità della mia musica, come ad esempio, amore,…beltade….cuore, io… risolverò in questo modo: (l’attrice va al centro insieme all’attore e canta) amo o oo oo re e eeee, belt aa aa de e ee eeeeee,

… e il pubblico  ne sarà soggiogato e si abbandonerà alla commozione e al pianto. Capito, carino?

 L’attrice torna al leggio

 Attore -          Ma credetemi, signori che siete qui…, è verso i castrati che il compositore moderno dimostra il maggior rispetto.

 Attrice -          E’ fra di loro è tutto un saltellare,… un minuettare,…un cinguettare,. un complimentare…, alla maniera dei finti cinesi:

            Karamenitakatà

            Macaccorebeccà

            Chicchiricchi mascabà

            Karamella karakà

            Kaccomiri napatà

            Carobella caraccà.

 L’attrice va dall’attore con passi brevi, s’inchina e torna al leggio ( tutto durante la musica)

 Attore -          E infine… come giustamente  dice monsieur Benedetto, “il compositore moderno si assicuri poi che le arie, per tutta l’opera siano a vicenda una allegra e una patetica senza nessun riguardo veruno per la coerenza del raccontare “

 Attrice -          Ed ora signori…, convenuti in questo luogo per celebrare insieme a noi i vizi e le virtù del più prolifico teatro della storia, sentiamo il bisogno di spezzare una lancia a favore di tutto il teatro e la letteratura e la musica  demenziali che, come sosteneva Petrolini, la storia ha ruminato e in seguito, giustamente, defecato.

 Attore -          All’epoca di Benedetto Marcello a Venezia funzionavano ogni sera sessanta teatri. Avete un idea di quanto teatro… buono e cattivo, alto e basso bisognava fare per riempire con  la più disparata umanità sessanta teatri.

 Attrice -          E chi era allora la figura mitica, anzi mitologica,… padre degli dei del teatro,…Deus ex machina onnipresente e onnipotente?… Ma l’impresario signori, L’impresario!

 Attore -          Quando vo per la città

                           chi mi chiama per di qua,

                           chi mi chiama per di là,

                           chi si inchina al protettor,

                           chi mi prega di un favor.

                           Dico all’uno si farà,

                           dico all’altro si vedrà.

 Attrice -          L’impresario sa molto bene ciò che il pubblico vuole. E a seconda della qualità del pubblico e del ceto  sociale mette in scena spettacoli di diverso livello. Perché egli…,l’impresario…, sa cosa è meglio per tutti. E Benedetto Marcello lo frusta in malo modo:

 Attore -          “ Faccio accordi con musici di poca spesa per allestire alla meglio l’orchestra, ingaggio ragazze non più ascoltate, procurando che siano piuttosto leggiadre che virtuose purché abbondino di protettori…”

 Attrice -          Lui procurerà che non manchino nella nuova Opera le scene di forza e cioè la lotta con l’orso, con la tigre e con l’orango e poi le saette, i tuoni fragorosi e i terremoti terrificanti.

 Attore -          Signora… la prego! Non infierisca oltre sulla mia professione, così fondamentale e nobile per il teatro d’opera…una figura essenziale per quel gioco pazzesco che fu il teatro in musica ai miei tempi. Del resto noi abbiamo perfezionato la tecnica degli allestimenti, noi abbiamo inventato l’efficace pratica dell’artificio teatrale, il gioco della visione, le coup du teatre…,cara signora.

 Attrice -          (ironica) Ma certo!…al punto tale che siete arrivati a dare al piacere della sorpresa ad ogni costo…al gusto per la stupefazione…più di quanto non abbiate dato in termini di bellezza musicale…di qualità vocali…Molto più alla sorprendente macchineria…che hai contenuti dell’Opera…,come del resto sostiene lo stesso Benedetto Marcello, caro signore.

 Attore -          Esatto, signora…Ma io le difendo allo stremo queste priorità…: furono una scélta essenziale per la gloria e la continuità di quell’avventura surreale…,di quel gioco bizzarro che fu ai tempi miei il teatro in musica, cara signora. Io lo difendo, sì sì, lo difendo quel teatro frivolo, anche se dimenticato…anche se sepolto…nei cassetti di polverose biblioteche e che è, purtroppo, oggi così raramente rappresentato.

 Attrice -          Come è giusto che sia, signor impresario…che rimanga pure sepolta sotto la polvere degli scaffali la maggior parte di quelle vostre Opere…Riportarlo in vita oggi…,riproporre quel teatro frivolo…Ma no! Ma no!

Guardi, visto che lei non sente ragioni, mi costringe ad umiliarla pubblicamente. Allora stia a sentire…In un vecchio archivio ho trovato una sua lettera datata 1722, indirizzata ad uno scrittore di libretti d’opera…un certo Gelsomino, ora scomparso dalla memoria dell’umanità…gliela leggo:

 “Caro signor Gelsomino,

così non farem il becco di un quattrino!

Non avremo fama con tali personaggi.

Per aver successo e gloria servono altri escamotaggi…

Dell’orso in scena la delicatezza desio,

licenziosità, stravaganza, indiscretezza:

tavole imbandite con dei bovi arrostiti,

quaglie, piccioni e pinguini infreddoliti.

nobil guerrieri a caccia d’orsi,

trappole, veleni, calci e morsi

e ancora tori imbufaliti e scoiattolini,

leoni, tigri, gazzelle e bufali taurini

e con l’ausilio di effetti speciali

lampi, tuoni e tremendi maestrali,

fulmini, vento, buriane e tremoti

burrasche, nebbie, scirocchi e maremoti.

 Tutto questo è bene che ci sia nella nostra Opera, caro signor Gelsomino…si dia da fare…ecc ecc. Firmato: l’impresario”

La riconoscete come vostra signor cavaliere?  

 (L’attrice si siede, ha due maschere in mano)

 Attore -   Non solo la riconosco come mia, ma la riscriverei tal quale se ne avessi l’occasione! Ma se la ricorda lei la commedia dell’arte?…Si, quella di Arlecchino, di Pantalone, di Capitan Fracassa e di Colombina…la gente faceva rissa per entrare a teatro! Eppure…quei canovacci, presi dalla strada e recitati a braccio, erano quanto di più improvvisato si potesse immaginare e spesso quanto di più volgare. Ecco, io lo difendo il teatro volgare, quello che per intenderci vuole il popolo.

 L’attore prende una maschera e si siede; entrambi poggiano le maschere sul viso

 Attrice -          Ma lei perché è qui stasera? Così lontano dalla sua città…,dal suo tempo?

 Attore -          Per la stessa sua ragione, signora: m’incuriosisce lo spettacolo di questa sera.

 Attrice -          Si dice che sia un’autentica riscoperta. Un’opera composta prima di Gluck naturalmente.

 Attore -          Ma certo! molti anni prima di Gluck.

 Attrice -          Ma lei li conosce gli autori? Si, intendo gli autori della musica e del libretto?

 Attore -          Ma certo che li conosco! Specialmente il compositore…ha composto diverse opere per me.

 Attrice -          Com’è finito?

 Attore -          Suicida!

 Attrice -          Perché?

 Attrice -          Colpa di Benedetto Marcello…:con il suo libro lo ha letteralmente annientato…annichilito. E’ impazzito.

                            Poveretto… Si apre il sipario!

Attore -          Cosa vede?

 Attrice -          Una caverna…un gorilla…e.e..e..e…delle nuvole di cartone.

 Attore -          Nient’altro? Mi scusi se mi appoggio a lei, ma sono mezzo cieco e completamente sordo…gli anni…

 Attrice -          Un orso…una tigre…esce un uomo molto anziano…si inchina al pubblico che applaude (lei applaude).

 Attore -          E cosa dice? Cosa dice?

 Attrice -          Un momento!…Dice: Gentile pubblico, mi chiamo Benedetto Marcello, e sono nato a Venezia nel 1686. Nella mia biografia si legge che sono morto nel 1739, ma su ciò esistono pareri contrastanti, visto che questa sera sono qui con voi per assistere all’esecuzione di un’Opera alla moda: “Adamira rapita dai pirati”. Non mi piacque allora e sicuramente non mi piacerà questa sera. In ogni caso un saluto cordiale a tutti da chi, senza di voi, non potrebbe vivere e state sani se non volete vederci ammalati.                            

fine

 

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